Autodidatta, Sughi si trasferisce per un anno a Torino nel 1946, poi apre a Cesena uno studio in comune con Giovanni Cappelli e Luciano Caldari; dal 1948 al 1951 vive a Roma, dove conosce Marcello Muccini e Renzo Vespignani. Pur vicino al Partito Comunista Italiano, Sughi non accetta però le precise indicazioni del partito in campo artistico dopo la scissione tra astrattisti e realisti indotta dall’intervento di Palmiro Togliatti, e si dedica a una personale ricerca dedicata al malessere dell’uomo e della società. Le periferie delle grandi città e figure umane solitarie e senza meta diventano così i soggetti preferiti di una personale area pittorico-figurativa per la quale si è più volte parlato di “realismo esistenziale” e della Sughi diventa uno dei principali interpreti.
Nel 1956 tiene la sua prima personale a Roma, poi espone nel 1958 a Milano e nuovamente a Roma, mentre i suoi quadri si fanno sempre più cupi, registrando anche agli inizi degli anni Sessanta significative influenze da parte di Francis Bacon, sia per le deformazioni fisiche dei soggetti sia per le ambientazioni. Il suo lavoro procede per cicli entro i quali intraprende e conclude temi iconografici specifici e mutazioni stilistiche. Al tema della marginalità dell’arte sono dedicate le sue ultime opere.